• 13 FEB 15

    Sistemi auto-organizzatori in biologia

    Sono in molti ormai a ritenere che le singole scoperte e i vari progressi della scienza non costituiscano fenomeni isolati, ma siano bensì i vari tasselli di un corpus unico all’interno del quale essi trovano posto (Prigogine Y., Stengers I., 1981; Cini M., 1994). Nell’ultimo secolo, pertanto, oltre a rilevare le caratteristiche intrinseche a ciascun componente, molti scienziati e filosofi della scienza hanno operato perché venissero evidenziate anche le proprietà legate all’insieme, proprietà grazie alle quali tutto il sistema acquista nuovi significati e nuovo senso.

    Mutamenti concettuali analoghi a quelli verificatisi in fisica con le strutture dissipative, hanno luogo anche in altre discipline quali la biologia molecolare, settore in cui i ricercatori, di fronte all’enorme varietà di soluzioni organizzative, regolative ed adattive risultanti dalla dinamica dell’organismo, si vedono costretti a cambiare il tipo di domande che erano sino ad allora soliti fare nel quadro della ricerca sulla funzionalità dell’organismo. Non più ricerca delle cause, dei perché, ma analisi delle condizioni generali e della catena di eventi attraverso le quali ciascuna particolare soluzione si è affermata.

    L'autopoiesi

     

    Particolare importanza, anche per le valide trasposizioni concettuali in psicologia, riveste in quest’ambito il concetto di autopoiesi (Maturana H., Varela F., 1985; Maturana H., Varela F., 1987), modalità organizzativa che caratterizza e specifica l’essere vivente in quanto tale.

    Un sistema si dice ‘autopoietico’ quando è in grado di mantenere la propria organizzazione mediante i propri stessi mezzi e di costituirsi come distinto dall’ambiente circostante mediante la propria stessa dinamica. Un sistema autopoietico è perciò autonomo, ovverosia in grado di stabilire le proprie leggi e le proprie specificità. Dichiarano gli autori:
    “Non stiamo dicendo che gli esseri viventi sono gli unici enti autonomi; certamente non lo sono. Ma è evidente che una delle cose più immediate e tipiche di un essere vivente è la sua autonomia. Secondo noi il modo, il meccanismo, che rende gli esseri viventi dei sistemi autonomi è l’autopoiesi che li caratterizza come tali” (Maturana H., Varela F., 1987, p. 57).

    Ciò che contraddistingue un organismo come vivente, dunque, non sono né la sua maggiore o minore complessità strutturale, né la sua modalità di riproduzione, bensì la sua auto-organizzazione e la sua capacità di conservarla.

    Le unità autopoietiche interagiscono tra loro e con l’ambiente. Tali interazioni, quando acquisiscono un carattere ricorrente o molto stabile, vengono definite accoppiamenti strutturali (Maturana H., Varela F., op. cit.), in quanto innescano dei mutui cambiamenti nelle strutture delle unità interagenti. L’accoppiamento strutturale è sempre reciproco: organismo ed ambiente subiscono entrambi trasformazioni in conseguenza dell’interazione, secondo una modalità circolare di reciproche perturbazioni.

    Il determinismo strutturale

     

    Va osservato che i cambiamenti prodotti dall’interazione fra essere vivente e ambiente sono sì innescati dall’agente perturbante, ma sono determinati dalla struttura del sistema perturbato. Ciò significa che al di là della perturbazione, che viene provocata dall’accoppiamento strutturale, a determinare il tipo di modificazione strutturale sarà la struttura stessa del sistema perturbato, che reagirà in modo specifico in base alle proprie peculiari proprietà. È quello che gli autori chiamano determinismo strutturale.

    Si parla di ‘determinismo strutturale’ quando una perturbazione dell’ambiente non contiene in sé la specificazione dei suoi effetti sull’essere vivente, ma è questo, con la propria struttura, a determinare il suo stesso cambiamento in rapporto alla perturbazione. L’interazione tra essere vivente ed ambiente “non è istruttiva perché non determina quali saranno i suoi effetti” (Maturana H., Varela F., trad. it. 1987, p. 87).

    “Come scienziati possiamo trattare solo con unità strutturalmente determinate. Ci possiamo cioè occupare solamente di sistemi nei quali tutti i cambiamenti sono determinati dalla struttura dei sistemi stessi, qualunque essa sia, e in cui tali cambiamenti strutturali si verificano come risultato della loro stessa dinamica o perché scatenati dalle loro interazioni.” (Maturana H., Varela F., trad. it. 1987, p. 88).

    Vengono individuati e distinti quattro domini, o ambiti, specificati dalla struttura di un’unità (Ruiz A. B., trad. it. 1996):

    1. dominio dei cambiamenti di stato: vi si includono tutti quei cambiamenti strutturali che un’unità è in grado di sopportare senza che la sua organizzazione cambi;

    2. dominio dei cambiamenti distruttivi: in esso sono inclusi tutti quei cambiamenti strutturali che fanno perdere l’organizzazione all’unità;

    3. dominio delle perturbazioni: in esso vengono inserite le interazioni che innescano cambiamenti di stato;

    4. dominio delle interazioni distruttive: vi si includono perturbazioni che provocano un cambiamento distruttivo.

    Quando una modificazione strutturale è tale da alterare l’organizzazione, l’unità autopoietica si degraderà e cesserà di esistere. Obiettivo necessario, quindi, del sistema è mantenere la propria organizzazione apportando delle modifiche strutturali compatibili, in risposta alle sollecitazioni provocate dall’interazione con l’ambiente.

    In quest’ottica, secondo gli autori (Maturana H., Varela F., trad. it. 1985), va inserito il concetto di ‘adattamento’, che è visto come forma di compatibilità tra gli organismi e il loro ambiente. Quando tale compatibilità non viene mantenuta, con la conseguente perdita della propria autopoiesi da parte del sistema, questo si disintegra. Ha cioè perso il suo adattamento.

    Da questo punto di vista non esistono organismi più adattati di altri, od organismi meno adattati di altri. Ci sono semplicemente organismi adattati, poiché l’adattamento è un fenomeno che, per garantire la sopravvivenza dell’organismo nel proprio ambiente, richiede un “perfetto” funzionamento in tutti i suoi aspetti.


    Bibliografia

     

    Antiseri D. (1987), Thomas S. Kuhn e la struttura delle rivoluzioni scientifiche, Gava G. (a cura di), Un’introduzione all’epistemologia contemporanea, Cleup, Padova, pp.
    Bateson G. (1976), Verso un’ecologia della mente, Adelphy, Milano.
    Bateson G. (1984), Mente e natura, Adelphy, Milano.
    Bertalanffy von, L. (1971), Teoria generale dei sistemi – fondamenti, sviluppo, applicazioni, Istituto Editoriale Internazionale, Milano.
    Bunge M., Halbwachs F., Kuhn T. S., Piaget J., Rosenfeld L., (traduzione di A. e G. Conte) (1974), Le teorie della causalità, Giulio Einaudi Editore, Torino.
    Cini M. (1994), Un paradiso perduto, Feltrinelli, Milano.
    Kuhn T. S. (1988), La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino.
    Maturana H., Varela F. (1985), Autopoiesi e cognizione, Marsilio, Venezia.
    Maturana H., Varela F. (1987), L’albero della conoscenza, Garzanti, Milano.
    Prigogine Y., Stengers I. (1981), La nuova alleanza, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino.
    Ruiz A. B. (1996), I contributi di Humberto Maturana alla scienza della complessità e alla psicologia, Journal of Constructivist Psychology, 9:4 (oct. – nov.).
    Varela F. (1988), Il circolo creativo: abbozzo di una storia naturale della circolarità, Watzlawick P., La realtà inventata, Feltrinelli, Milano.

Weekly quote

Non è perché le cose sono difficili che noi non osiamo farle. E' perché noi non osiamo farle che le cose sono difficili.

— Seneca